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Trust, la fiscalità più chiara agevola le pianificazioni

23 April 2025

Il dlgs 139/24, in vigore dal 1° gennaio, ha dettato norme chiare sulla tassazione di questo strumento di protezione patrimoniale, molto usato da chi vuole trasmettere i propri beni a terzi. Ecco cosa consigliano di fare gli studi legali.

Oltre i casi più noti, degni di animare le pagine dei quotidiani, l'Italia è un paese nel quale le grandi ricchezze viaggiano spesso sottotraccia. Le cose sono parzialmente cambiate dopo la voluntary disclosure del 2015, che aveva fatto riemergere per il fisco risorse fino a prima allocate su paesi esteri. E la loro protezione e trasmissione, nell'alveo di nuclei familiari fluidi, passa sempre più spesso attarverso il trust, strumento di protezione patrimoniale sempre più diffuso per la sua flessibilità nel rispondere a esigenze di pianificazione familiare e aziendale. A gennaio di quest'anno, con il decreto legislativo n°139/2024, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, sono arrivati importanti chiarimenti in materia di trust, per esempio chiarendo che il presupposto impositivo di questo strumento sta nell'arricchimento patrimoniale reale e definitivo del beneficiario; la semplice costituzione del trust o la dotazione patrimoniale iniziale, insomma, non configurano un evento tassabile ai fini delle imposte indirette.
 
È ancora presto per dire come queste norme "chiarificatrici" stiano impattando e impatteranno sull'uso di questo strumento. Di certo c'è che dietro la decisione di avvalersi del trust ci sono molti studi legali che aiutano imprese e famiglie a capire se si tratti dello strumento migliore per gestire situazioni patrimoniali complesse o una successione generazionale in azienda. 

"Nonostante le modifiche operate dal dlgs n°139/2024, uno degli aspetti più complessi da accettare per il cliente, ma che è parte essenziale dell'istituto, è il concetto di spossessamento, ovvero la perdita definitiva dei beni conferiti, che escono in modo irreversibile dal patrimonio del disponente", dice Tancredi Marino, partner di DWF. "La scelta tra tassazione in entrata o in uscita dei beni richiede sempre un'attenta valutazione dei beni conferiti con relativa determinazione del valore, delle esigenze dei beneficiari e soprattutto della loro puntuale identificazione ai fini della definizione del rapporto con il disponente e dunque corretta applicazione delle aliquote e franchigie previste in materia. Occorre considerare che, con l'entrata in vigore della legge che disciplina la tassazione in entrata, è possibile usufruire di quella che, ad oggi, è a livello europeo la tassazione più bassa – in materia di imposta di successione e donazione. Tuttavia, la disciplina fiscale deve necessariamente coordinarsi con l'evolversi della situazione familiare di difficile previsione dei soggetti che usano lo strumento del trust. Un'altra tematica spesso sottovalutata è l'identificazione troppo generica dei beneficiari che conserva delle obiettive problematiche per l'applicazione della tassazione in entrata e, in generale, di gestione dell'istituto. Al netto di tutto questo, il trust si conferma uno strumento di grande interesse in ambito successorio, soprattutto nelle situazioni di conflitto familiare che potrebbero mettere a rischio la continuità delle attività imprenditoriali. C'è, inoltre, un utilizzo sempre più rilevante dei trust al servizio delle procedure di insolvency e restructuring, il cui impiego, a nostro avviso, è destinato a crescere. Da ultimo, i trust di scopo e misti trovano un ruolo significativo nel settore filantropico (conservazione e gestione di collezioni di opere d'arte)".

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