Con l'ordinanza n. 11899, emessa il 6 maggio 2025, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha esaminato una fattispecie relativa alla prescrizione biennale di cui all'art. 2952 c.c., applicabile ratione temporis, chiarendo il dies a quo da cui decorre la prescrizione nel caso di postumi permanenti.
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda le lesioni riportate dal ricorrente, all'epoca dei fatti minorenne, nel periodo in cui era studente presso un Istituto Tecnico Commerciale.
In particolare, il danneggiato si era ferito ad una mano nel 2009, ed era guarito dalle lesioni nel 2010, sebbene dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico nel 2011; successivamente nel 2012 aveva convenuto in giudizio la Compagnia Assicurativa in forza della polizza infortuni stipulata dall'istituto scolastico a beneficio dei propri studenti.
In primo grado il Giudice di Pace di San Sosti accolse la domanda attorea, ma in appello il Tribunale di Castrovillari accertò la prescrizione del diritto a norma dell'art. 2952 comma 2 c.c., secondo il quale i diritti derivanti dal contratto di assicurazione "si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda".
Nello specifico, il Tribunale ritenne che la prescrizione biennale decorresse dal momento della guarigione, e cioè dal 2 gennaio 2010, e che quindi la citazione in giudizio della Compagnia Assicurativa, effettuata il 2 luglio 2012, fosse tardiva in quanto compiuta oltre il termine di prescrizione, spirato il 2 gennaio 2012.
La sentenza di secondo grado è stata impugnata con ricorso in Cassazione e, per quanto rileva in questa sede, il capo della sentenza relativo all'intervenuta prescrizione è stato contestato sostenendo che la stessa avrebbe dovuto decorrere non dal 2010, ma dal termine dell'intervento chirurgico del 2011, rendendo quindi legittima la richiesta risarcitoria giudiziale del 2012 in quanto attinente ad un diritto non ancora estinto.
Infatti, ad avviso del ricorrente, solo dopo l'intervento chirurgico del 2011 le lesioni potevano essere considerate postumi permanenti immutabili, in quanto non più emendabili: prima di tale data, invece, la possibilità di migliorare le condizioni del danneggiato non consentiva di far decorrere la prescrizione perché la situazione clinica non era definita e, quindi, il "fatto" su cui il diritto si fondava non si era ancora perfezionato.
La Corte di Cassazione ha respinto tale motivo di gravame, rigettando il ricorso, esponendo che il concetto di postumi permanenti non è sovrapponibile con quello di postumi emendabili: seguendo l'esempio indicato dalla Suprema Corte, da una lesione può derivare un'invalidità permanente, come una deviazione del setto nasale, anche se quel postumo è emendabile e correggibile con un successivo intervento di rinosettoplastica.
Pertanto, l'ordinanza in commento ha indicato che, seguendo il ragionamento inverso, si arriverebbe al paradosso di far decorrere la prescrizione a discrezione del creditore-danneggiato, e cioè dal momento in cui quest'ultimo decide di sottoporsi ad un intervento per emendare i postumi, in contrasto con le esigenze di ordine pubblico e di certezza del diritto sottese all'istituto della prescrizione.
Nell'ordinanza, quindi, è stato affermato il seguente principio di diritto: "nell'assicurazione contro gli infortuni non mortali, la prescrizione del diritto all'indennizzo dovuto per il caso di postumi permanenti decorre dal giorno del consolidamento dei postumi, a nulla rilevando che in futuro essi potranno essere eliminati o ridotti con un apposito intervento".
La decisione in commento si apprezza in quanto il consolidamento dei postumi permanenti costituisce un criterio oggettivo in grado di individuare il dies a quo della prescrizione, in luogo delle scelte terapeutiche del danneggiato-assicurato, rimesse alla discrezione di quest'ultimo, e potenzialmente idonee a differire più volte la decorrenza della prescrizione ogniqualvolta sia possibile sottoporsi ad un intervento in grado di migliorare anche solo marginalmente le conseguenze delle lesioni.